I Custodi del Necronomicon di Stefania Portaluppi
Il Necronomicon non esiste. È un'invenzione letteraria di Howard P. Lovecraft. Uno pseudobiblion.
Ma se non fosse solo una leggenda?
Edith Swinson è appena arrivata a New York ed è stata assunta come sorvegliante alla Maugham University, una prestigiosa università del Morningside Heights. Edith è orfana. Non ha famiglia. Non ha radici. Non si è mai fermata a lungo nello stesso posto. E di certo non sa nulla di magia, libri maledetti e negromanti.
Rebecca Maugham, la rettrice, invece è impregnata di magia. Altera, oscura e apparentemente inavvicinabile, è una donna che nasconde molti segreti; i più grossi sono legati a una faida famigliare e alla biblioteca sotterranea dell'università . Il centro del potere.
Tra lei ed Edith lo scontro è inevitabile, così come lo è l'attrazione che le spinge inesorabilmente l'una verso l'altra.
Mentre qualcuno trama nell'ombra per uccidere Rebecca, forze oscure si risvegliano. Stregoni e negromanti esistono e si fanno la guerra da sempre, disposti a tutto pur di conquistare il potere assoluto. Karla Maugham, la madre di Rebecca, è tra loro ed è forse quella più determinata e crudele.
E la chiave per il potere è proprio quel libro, antico e maledetto, in mano a pochi prescelti.
Sono negromanti, Edith. I negromanti si fanno la guerra tra di loro. Spesso si uccidono a vicenda.
C’era qualcosa di stonato. Qualcosa che non collimava con qualcos’altro udito in precedenza. Qualcosa che la faceva rabbrividire. Non solo l’accusa contro Rebecca, ma anche la voce di John, improvvisamente così ostinata ed implacabile.
- John?
Si girò, vagamente interrogativo.
- John, è questo che voleva raccontarmi? Davvero questo?
- Sì.
- Tutto qui?
- Nient’altro che questo.
C’era sul serio qualcosa di stonato. Stava tralasciando dei particolari. Aveva nascosto alcuni pezzi del puzzle. Le aveva detto molto, ma non tutto.
“Vendetta.”
“Non gliel’ho portato via. L’ho salvato. Non avrei mai lasciato quel bambino a Rebecca. Non ad una donna le cui mani sono sporche di sangue.”
- Sa, Edith, uno a volte deve fare le cose che ritiene giuste. Che ritiene giuste in cuor suo, voglio dire. E se le fa, poi deve ritrovarsi tranquillo e non pieno di dubbi. Io ho parlato con lei, perché ritenevo fosse giusto. Non importa se non mi crede, glielo ripeto: la capisco. E ho ritenuto giusto impedire a Rebecca di prendersi Damien. Lo rifarei, se tornassi indietro. Capisce quello che voglio dire?
- Credo di sì.
- Anche se... ci sono altre cose, che uno non dice. Cose che si nascondono nel cuore di una persona. Cose di cui uno non vorrebbe mai parlare. Perché sono cose brutte. Cose segrete.
- Senta...
- Penso che non siano necessarie altre domande, per ora. Ci rifletta... ne ha bisogno. E stia attenta. Non faccia stupidaggini.
Sembravano le raccomandazioni di un padre benevolo.
- Vada, ora. È meglio. - aggiunse John, con un gesto della mano.
Si fissarono ancora per un istante e lo sguardo che passò tra loro fu amichevole ma indefinibile; per parte di Norton la sicurezza di un uomo apparentemente razionale che tuttavia aveva fatto un discorso irrazionale e non se ne vergognava; per parte di Edith il disagio di sentirsi impaurita da forze oscure che sfuggivano alla sua comprensione.
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