MADAME CLAUDEL È IN UN MARE DI GUAI di Aurélie Valognes | Recensione - Leggendo Romance



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MADAME CLAUDEL È IN UN MARE DI GUAI di Aurélie Valognes | Recensione

Madame Claudel è in un mare di guai_recensioneA volte si pensa che dopo una certa età non sia più possibile riparare agli errori e ancor meno far spazio all’amore e ai sentimenti che ormai si sono persi con la giovinezza. Il romanzo di cui voglio parlarvi è invece un inno alla speranza, perché non è mai troppo tardi per cambiare e aprire il proprio cuore agli altri, ritrovandosi circondati da affetti che non si credeva di poter incontrare di nuovo…o per la prima volta.

“Madame Claudel è in un mare di guai” è una commedia corale ambientata in un condominio di Parigi dove gli inquilini rappresentano uno spaccato di società, ma soprattutto l’età media è sopra i sessanta. Se credete di non potervi divertire a leggere di qualche arzillo vecchietto, o di non trovare amore e profondità nello stesso romanzo allora sappiate che leggendo questo romanzo vi ricrederete. Sono molto sincera, se la casa editrice non mi avesse omaggiato della copia probabilmente non lo avrei letto, e come spesso accade mi sarei persa una bella lettura.


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Titolo: Madame Claudel è in un mare di guai
Titolo originale: Out of Sorts
Autore: Aurélie Valognes
Editore: Newton Compton
Genere: Narrativa
Sinossi
Ferdinand Brun vive a Parigi, al numero 8 di Rue Bonaparte, ha ottantatré anni e non gli piacciono le persone. Sfortunato dalla nascita – ha perso la mamma e la nonna quando era ancora piccolo –, è cresciuto nel risentimento, diventando introverso e taciturno. Purtroppo con il passare degli anni è addirittura peggiorato e così la moglie lo ha mollato di punto in bianco scappando con il postino, mentre la figlia e il nipotino sono andati a vivere dall’altra parte dell’oceano. Rimasto solo con la cagnolina Daisy, unico essere vivente degno del suo affetto, Monsieur Brun ha deciso di disertare il genere umano e di ridurre al minimo i suoi contatti con gli altri, compresi quelli con la portinaia, la detestata Madame Suarez. Un infausto giorno, la cagnolina Daisy muore e la settimana dopo Monsieur Brun rimane vittima di un incidente. Tutto è contro di lui, e quando la figlia lo mette di fronte all’ipotesi dell’ospizio, non gli resta che accettare l’aiuto di Madame Claudel, un’arzilla signora di novantatré anni, che abita al suo piano. Ma sarà l’arrivo della piccola Juliette, figlia dei nuovi condomini, l’unico evento in grado di scalfire il muro di diffidenza e scontrosità che il vecchio ha costruito intorno a sé.
RECENSIONE
Un pizzico di cinismo, ma anche tanta tenerezza  per questo romanzo che trasforma i protagonisti in amici che non si vorrebbe lasciare, perché con le loro avventure/disavventure e la loro esperienza fanno riflettere con ironia e donano una carica di speranza.
Giusto, tanto vale risparmiarsi di vivere. Economizziamo tutto, anche i sentimenti, già che ci siamo.
Il condominio numero 8 di Rue Bonaparte è abitato da vecchietti con il loro bel caratterino. L’avanzare dell’età sembra non aiutare ad ammorbidire gli spigoli che si sono costruiti con anni di esperienze, ma è soprattutto Ferdinand Brun, l’ottantenne che ha traslocato dopo la morte della moglie nel suo appartamento a portare scompiglio. Ferdinand è burbero, solitario, odia le persone, sincero al punto da rasentare la maleducazione e anche particolarmente dispettoso. La sua vita è stata costellata di abbandoni, in particolare dalle donne della sua vita: la madre morta durante l’infanzia, la moglie che dopo anni di un matrimonio non proprio felice (grazie al caratteraccio dello stesso Ferdinand) l’ha lasciato per il postino, il rapporto praticamente inesistente con la figlia e il nipote che vivono addirittura a Singapore.

Tutti i condomini nutrono una forte antipatia nei suoi confronti e anche un lieve timore che Ferdinand è ben felice di alimentare per tenerli alla larga.
Lei ha una salute di ferro, Monsieur Brun, e un cuore come nuovo. Sembra quasi che non l’abbia mai usato.
In realtà Ferdinand non se ne rende conto, ma il suo atteggiamento è dettato principalmente dalla paura di allontanare ed essere abbandonato nuovamente, allora è meglio tenersi alla larga dagli affetti.
Tutto è destinato a cambiare, quando ormai sembra non esserci altra soluzione se non l’ospizio, Ferdinand inizia a riscuotersi dal suo letargo e per non lasciare la sua casa inizia ad avvicinarsi all’anziana signora che abita sul suo pianerottolo chiedendole aiuto e scoprendo una persona interessante e piacevole con cui parlare, la signora Claudel nonostante i suoi 93 anni è ancora piena di vita e interessi, anche un po’ pazzerella, un ciclone; ma c’è anche una bambina, molto spigliata, intelligente e caparbia che non ha nessuna intenzione di lasciarlo in pace nella sua solitudine. E cosa dire di Daisy e Sherlock, i due cani di Ferdinand? È proprio vero, il cuore di un uomo si vede dalla sua capacità di amare gli animali.

Lentamente Ferdinand inizia a scoprire che affezionarsi a qualcuno fa paura, ma è anche la sensazione più bella che abbia mai provato.

Il vero interrogativo è: sarà ancora in tempo per cambiare il corso della sua vita?

La Valognes narra in terza persona e, anche se le vicende girano attorno al personaggio di Ferdinand e alla sua storia in realtà riesce a descrivere le vite di tutti i personaggi che abitano quello strambo condominio. L’autrice parla di vecchiaia, di anni in cui i ricordi si affacciano sempre più spesso a scandire il tempo, dove gli acciacchi sono all’ordine del giorno e la perdita delle persone a cui si tiene diventa quasi una costante. Nonostante questo l’autrice riesce a tratteggiare un’età che non deve per forza passare nell’inerzia e nell’attesa della fine, ma deve essere vissuta con speranza, c’è ancora il tempo per cambiare, per amare, per vivere.

In alcune parti ha un ritmo un po’ lento e alcune situazioni sono leggermente surreali, ma nonostante questo vi ritroverete ad amare quel nonno burbero ma con un cuore che deve solo imparare ad aprirsi e assieme a lui tutti (o quasi) i condomini del numero 8 di Rue Bonaparte.

Alla prossima chiacchierata,
Deborah

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