Nativi Digitali on Blogtour - 6^ tappa - Leggendo Romance



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Un libro per...

Nativi Digitali on Blogtour - 6^ tappa

NATIVI DIGITALI ON BLOG TOUR

Buongiorno lettori! Oggi è il mio turno di ospitare il blogtour di Nativi Digitali e presentarvi uno degli ebook del loro catalogo attraverso un contenuto inedito. Vi ricordo che dal 1 al 15 ottobre, per tutta la durata del tour, gli ebook presentati potranno essere acquistati con uno sconto del 50%. Approfittatene!

Il tour coinvolge 15 blog e 10 ebook, qui potete trovare il calendario per non perdere nemmeno una tappa, che potrete seguire anche attraverso l'evento FB.


Data Blog Ospite Contenuto Originale



01/10/15 Peccati di Penna "Pietre, Detriti, Macerie" – Spin-off di Fernweh
02/10/15 Il bosco dei sogni fantastici La storia dietro il Booktrailer di "Valerie Sweets"
03/10/15 Il mondo di Sopra Intervista a Tristan Garden di "Storie di un Viaggiatore Immortale"
04/10/15 Le Recensioni della Libraia Celebrity Deathmatch, spin-off di "Anni '90"
05/10/15 Uno, nessuno e centomila libri Approfondimento sui personaggi di "Il Giardino degli Aranci"
06/10/15 Leggendo Romance Spin-off I di "Una Vita a Colori"
07/10/15 Il Momento di Scrivere Intervista a Michael Farner de "Lo Strano Caso"
08/10/15 La Fenice Books Prequel di "Papà era un Bandito"
09/10/15 Libri di Cristallo "Era la Mia casa", racconto inedito dell'autore di "Eroi del Silenzio"
10/10/15 Cricche Mentali "Sarabanda", spin-off di "Anni '90"
11/10/15 Fantasticando sui libri I Capitolo del seguito di "Storie di un viaggiatore immortale"
12/10/15 Il Piacere di Scrivere La vera storia dietro a "Valerie Sweets"
13/10/15 Delos Books Approfondimento sulle Rune di "Il Cuore di Quetzal"
14/10/15 Cafè Litteraire da Muriomu Approfondimento sui luoghi di "Il Giardino Degli Aranci"
15/10/15 Ramingo Blog Spin-off II di "Una Vita a Colori"

Sono felice di potervi proporre lo spin-off del romance "Una vita a colori" di Mara Boselli

«Mi sento una scolaretta alla prima cotta, ho una stranissima sensazione allo stomaco, non vedo l’ora di parlargli di nuovo. Santo cielo, Alice, sei una donna adulta, andiamo, l’infatuazione da chat no…»

UNA VITA A COLORI



Alice, insegnante di greco e mamma single, conduce un’esistenza frenetica e incolore come tanti altri a Milano. Presa dalla noia, o forse dalla speranza inconscia di poter cambiare di colpo la propria vita, una sera accede per la prima volta ad una chat. Ed è in questo spazio virtuale che si incontrano per la prima volta Alicetta32 e Color_Painted, il nickname di Fabio, misterioso e garbato giornalista con il quale Alice intraprende quella che in pochi giorni diventa una “relazione virtuale”.

“Una Vita a Colori” ci descrive le indaffarate giornate di Alice, tra la scuola, la figlia Chiara e la famiglia, e soprattutto le sue nottate davanti a un monitor a chattare con Fabio. Finché qualcosa non sconvolgerà la routine quotidiana…
Di libri sugli incontri in chat ne sono stati scritti tanti, soprattutto di gusto morboso o che nascondono una demonizzazione della tecnologia. In “Una Vita a Colori” la chat è un non-luogo, un ambiente neutro dove due persone che vivono una vita piatta, dai toni sbiaditi, possono confrontarsi per scoprire che i colori alla vita non li possiamo mettere da soli, serve la persona adatta per cogliere le giuste sfumature, insieme. Sarà Fabio, il misterioso individuo dietro a “Color_Painted”, la persona adatta per Alice?

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E ora leggiamo insieme…
Ma dai, davvero?

Chi può essere quello stratosferico pezzo di merda che mi chiama di sabato mattina?
Non sono nemmeno le otto.
Forse, se mi rifugio sotto il cuscino e lo ignoro, quel coso malefico sul mio comodino smetterà di tremare e fare versi. Niente da fare: al decimo, irritante squillo del telefono decido di rispondere, ma solo per turlupinare chiunque ci sia dall’altra parte della cornetta.
Ecco, appunto, un’occhiata veloce al display mi conferma che nessuno che io conosca può pensare sia lecito infastidirmi a quest’ora: il numero che mi appare irrispettoso davanti, infatti, non è associato a nessun contatto della mia rubrica. Sono quasi tentata di non rispondere, ma la voglia di mandare a cagare lo sventurato estraneo che, probabilmente per sbaglio, ha composto il mio numero alle 07.53 di sabato mattina è davvero irrefrenabile.
Sblocco la chiamata, quindi, e mi preparo a vomitare addosso al mio interlocutore una serie di epiteti degni di Omero. La voce, però, mi rimane in gola quando all’altro capo della telefonata riconosco una voce familiare che mi chiama per nome: “Elena? Elena, ci sei?” mi chiede concitata.
Se finora ho tranquillamente potuto catalogare il mio risveglio come atipico, adesso lo definirei ansiogeno. Non bado molto a quello che la voce di donna mi sta dicendo: in sottofondo, neanche tanto in lontananza visto che il loro fragore a momenti alterni sovrasta quello che la tipa sta cercando di comunicarmi, sento delle sirene.
È una collega di Alessia?
Alessia chi? Lo dicevo io che aveva sbagliato numero…
No, dice di essere lei Alessia e di essere una collega di Alice.
Mia sorella Alice?
Ah, sì! La nebbia del sonno si sta diradando: ricordo che Ace mi ha raccontato di lei. Forse ci siamo anche viste, qualche volta. Anche la rabbia del risveglio lascia spazio alla curiosità: perché la collega di mia sorella mi telefona alle otto di sabato mattina, tutta concitata e con tanto di sirene nelle orecchie?
Aspetta: lei e Alice dovevano partire per un weekend al mare. Quando? Oggi? Porca puttana, perché non me le appunto mai queste cose: lo so che poi me le dimentico. Dovevo recapitar loro qualcosa? Annaffiare le piante? Tener d’occhio il cane? Il gatto? L’elefante? Ma che diavolo è successo: è saltata per aria la casa?
Incidente? Come: “Alice ha avuto un piccolo incidente”?
Se fosse tanto piccolo, penso immediatamente, a te non sarebbe mai venuto in mente di rompermi i coglioni di sabato mattina, al massimo lo avrebbe fatto Alice, e poi voi non stareste correndo a sirene spiegate verso il primo ospedale. Raggelo e, quasi senza rendermene conto, balzo giù dal letto: Chiara?
“Chiara sta bene - si affretta a tranquillizzarmi Alessia – si è spaventata, ma è qui in macchina che gioca con i miei figli adesso”. Si sta dilungando in dettagli che, francamente, ora non mi interessano: la cosa essenziale è che Iaia stia bene; mi chiede di raggiungerla, ma è inutile: sto tenendo il cellulare abilmente fra collo e spalla e, nel frattempo, mi sto già vestendo il più velocemente possibile.
Questo deve essere un mio record: non c’avrò messo più di tre minuti e il fatto che assomigli più ad una cesta di bucato che ad altro, in questo frangente non ha molto peso. Ricordo, da piccola, come mi piaceva quel film americano che guardavamo sempre tutti insieme: Dodici lo chiamavano papà o qualcosa di simile. Era la storia di una famiglia numerosa, disordinata e chiassosa, con questo padre un po’ strambo e fissato con l’ordine, calcolava tutte le tempistiche delle azioni quotidiane, precise al millesimo e aveva studiato un metodo per guadagnare tre secondi nell’allacciarsi i bottoni del gilet. Avessi mutuato un pizzico di precisione da quell’uomo, tante volte non mi ritroverei nei casini in cui, invece, capito.
Dopo qualche altra indicazione essenziale, liquido Alessia. Le appendo proprio il telefono in faccia, anche se non è che me la ricordi proprio bene che faccia abbia, e mi scapicollo giù per le scale. Qualche santo in paradiso devo averlo anch’io, perché papà non è in casa: è sempre abbastanza mattiniero e a quest’ora, probabilmente, starà già beatamente rifornendosi di pane e latte fresco. Non incrociarlo mi sgrava dall’antipatica circostanza di doverlo informare sui fatti prima che ce li abbia ben chiari io.
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Ricordate di seguire tutte le tappe!

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